INTRODUZIONE AI LIBRI DI ENOCH
Nel corpus degli Apocrifi Veterotestamentari, vi sono testi che spiccano per l’originalità, la stupefacente visionarietà, la simbologia e i contenuti sconcertanti, nonché per la particolarissima storia e la capacità profetica: i Libri di Enoch.
Enoch, che in ebraico significa “l’iniziato”, secondo l'Antico Testamento fu padre di Matusalemme e bisnonno di Noè, discendente di Set (il terzo figlio di Adamo ed Eva nato dopo l’assassinio di Abele). La Genesi lo designa come l'unico uomo che non conobbe la morte ("Iared aveva centosessantadue anni quando generò Enoch; Iared, dopo aver generato Enoch, visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie.
L'intera vita di Iared fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enoch aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. Enoch camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoch fu di trecentosessantacinque anni. Poi Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso”).
Calcolando che egli visse approssimativamente 2.500 – 3.000 anni prima di Cristo, è evidente che l'Enoch storico non può essere realmente l'autore degli scritti a lui attribuiti; pertanto, i cosiddetti "I Enoch" ("Enoch Etiopico"), "II Enoch" ("Enoch Slavo" o "Segreti di Enoch") e "III Enoch" ("Apocalisse Ebraica di Enoch") si possono far rientrare nella categoria filologica degli "pseudoepigrapha", ovvero un artifizio letterario in base al quale l'autore simula di essere un personaggio biblico per accreditare maggiormente il suo libro.
Enoch, che in ebraico significa “l’iniziato”, secondo l'Antico Testamento fu padre di Matusalemme e bisnonno di Noè, discendente di Set (il terzo figlio di Adamo ed Eva nato dopo l’assassinio di Abele). La Genesi lo designa come l'unico uomo che non conobbe la morte ("Iared aveva centosessantadue anni quando generò Enoch; Iared, dopo aver generato Enoch, visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie.
L'intera vita di Iared fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enoch aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. Enoch camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoch fu di trecentosessantacinque anni. Poi Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso”).
Calcolando che egli visse approssimativamente 2.500 – 3.000 anni prima di Cristo, è evidente che l'Enoch storico non può essere realmente l'autore degli scritti a lui attribuiti; pertanto, i cosiddetti "I Enoch" ("Enoch Etiopico"), "II Enoch" ("Enoch Slavo" o "Segreti di Enoch") e "III Enoch" ("Apocalisse Ebraica di Enoch") si possono far rientrare nella categoria filologica degli "pseudoepigrapha", ovvero un artifizio letterario in base al quale l'autore simula di essere un personaggio biblico per accreditare maggiormente il suo libro.
Primo Libro di Enoch
Il primo libro di Enoch, oltre ad essere un apocrifo veterotestamentario, non è compreso né nella Bibbia Ebraica (Giuseppe Flavio e Filone di Alessandria non lo citano tra i libri canonici dell’ebraismo nel I secolo d.C.) né nella Bibbia greca detta dei LXX (Septuaginta). Nondimeno, esso fu ampiamente tenuto in considerazione non solo nel mondo ebraico, ma anche dai primi padri del cristianesimo, cosa di cui si possono trovare indizi in alcuni passi del Nuovo Testamento.
Dopo averne perse le tracce dal Medioevo (eccetto rare menzioni, ad esempio in Sincello e in Cedreno nel IX secolo) in poi, nel 1773 l’archeologo scozzese James Bruce ritrovò in Abissinia (a Qumran, nella grotta 4Q) la versione completa, tuttora l’unica esistente, di tutti i 108 capitoli del libro, scritta in ge’ez, un linguaggio etiopico (ragione per cui è anche detto “Enoch etiopico”). Nel 1821 Richard Laurence completò la prima traduzione in inglese.
Filologicamente, si presume che la versione originaria fosse in aramaico o in paleo ebraico, come dimostrano alcuni frammenti ritrovati nelle stesse grotte di Qumran; poi si ebbe la trasposizione in greco, dal quale deriverebbe a sua volta quella in ge’ez.
Il testo risulta fortemente composito, tanto che si contano almeno cinque stratificazioni e l’ordine cronologico di stesura delle varie sezioni non segue l’ordine dei Capitoli. La parte più antica dovrebbe essere il cosiddetto Libro Angelologico (o dei Vigilanti), seguito dalla “sezione astronomica”, o Libro dell’Astronomia, quindi dal Libro delle Visioni, dall’ Epistola di Enoch, infine dalle “Parabole (o similitudini) di Enoch”, sezione che riguarda più da vicino il cristianesimo.
La sezione angelologica, che sarebbe appunto l’unità più vetusta, è databile attorno al IV secolo a.C., il libro delle Visioni, invece, sarebbe stato composto attorno al 160 a.C.; molto antica è anche la sezione astronomica, della quale sono stati ritrovati vari frammenti a Qumran. Sulla questione della datazione delle diverse parti ci sono differenti posizioni tra gli studiosi, perfino molto diverse tra loro, complicata dal fatto, appunto, che vi sono passi che sono stati chiaramente soggetti ad interpolazioni o aggiunte successive rispetto alla stesura originaria.
Nei 108 capitoli i temi trattati sono notevolmente differenziati (cosa forse dovuta anche alle stratificazioni posteriori): descrizioni narrative, visioni apocalittiche e metafisiche, concetti astronomici e astrologici, parabole, viaggi nei cieli.
La struttura si suddivide come segue:
Capp. 1-5: parte introduttiva in cui Enoch riferisce una visione apocalittica relativa agli ultimi giorni;
Capp. 6-36: “Libro Angelologico o dei Vigilanti”;
Capp. 6-19: la storia degli angeli ribelli caduti sulla Terra;
Capp. 6-11: gli angeli ribelli sulla Terra, la loro unione con le donne, la nascita dei giganti;
Capp. 12-16: visione di Enoch riguardante la punizione degli angeli ribelli;
Capp. 17-19: visione dei tormenti degli angeli caduti;
Capp. 20-36: tormento in cui vengono tenuti gli angeli caduti, il regno dei morti, i segreti della natura nell’occidente e nell’oriente;
Capp. 37-71: “Libro delle Parabole”;
Cap. 37: Introduzione;
Capp. 38-44: prima parabola: il futuro regno di Dio, il riposo dei giusti, gli angeli e i segreti della natura;
Capp. 45-57: seconda parabola: il giudizio finale del “Messia”;
Capp. 58-69: terza parabola (con frammenti del Diluvio): descrizione della felicità eterna dei giusti e l’eterna sofferenza dei re e dei potenti;
Capp. 70-71: prima e seconda appendice: ascensione di Enoch nel paradiso e sua elezione a “Figlio dell’uomo” (anche secondo la Genesi Enoch venne rapito in Cielo da Dio);
Capp. 72-82: “Libro Astronomico”, ovvero libro di fisica celeste: varie teorie relative al sole, alla luna, alle stelle, alla suddivisione dell’anno solare, rivelate ad Enoch dall’angelo Uriel. Viene descritto un calendario solare basato sulla suddivisione dell’anno in trecentosessantaquattro giorni;
Capp. 83-90: “Libro delle Visioni o dei Sogni";
Capp. 83-84: la visione del Diluvio universale, ovvero il primo giudizio del mondo da parte di Dio;
Capp. 85-90: sezione chiamata “Apocalisse degli animali”;
Capp. 91-105: “Epistola di Enoch”;
Capp. 106-108: “Appendici” (parte finale da considerarsi autorevole e antica);
Cap. 106-107: miracoli e segni alla nascita di Noè;
Cap. 108: discorso finale di Enoch riguardante il destino dei cattivi e dei giusti.
Una delle sezioni che da sempre ha riscosso il maggior interesse è Libro Angelologico o dei Vigilanti, proprio quella più antica, il cui fine mira a definire l’origine del male nel mondo che ha condotto poi in seguito al diluvio universale, attribuendone la colpa agli angeli che Dio aveva messo a guardia del genere umano e che invece gli si sono ribellati.
Enoch cita, in particolare, i “figli di Dio”, che ad intesa di molti sarebbero gli angeli ribelli, discesi sulla terra atterrando su Ardis, sulla sommità del monte Hermon, con a capo l’angelo Semjaza (o Samyaza) [1]. Secondo Enoch, i Grigori assommano a duecento ("Questi sono i prefetti dei duecento angeli, e i restanti erano tutti con costoro" - Enoch7:9), benchè siano ricordati solo i nomi dei loro principali esponenti: Samyaza, che fu il loro capo, Urakabaramil, Akibeel, Tamiel, Ramuel, Dânêl, Chazaqiel (Ezekiel), Saraknyal, Asael, Armers, Batraal, Anane, Zavebe, Samsavil, Ertael, Turel, Yomyael, Azazyel (noto anche come Azazel). Uno dei motivi per i quali questi angeli vennero puniti è il fatto di essersi contaminati con le donne degli uomini; eppure la colpa più importante fu l’aver impartito insegnamenti all’umanità. Semjaza, il capo di tutti gli angeli ribelli, istruì infatti gli uomini nell’arte degli incantesimi e della malizia, Armaros spiegò il modo di risolvere gli incantesimi, Baraquijal insegnò l’astrologia, Kohabel lo studio degli astri e delle costellazioni, Azazel fece apprendere agli uomini l’arte di costruire strumenti bellici e alle donne l’arte della bellezza e della seduzione [2].
Sull’identità degli esseri descritti mediante il termine “figli di Dio” ci sono scontrate posizioni dissonanti sin dai primi secoli del cristianesimo. Secondo alcune fonti ebraiche i “figli di Dio” sarebbero i figli di nobili o di re (la discendenza di Set) che sposarono donne di rango inferiore. Questa spiegazione non sembra però coerente con il contesto del libro della Genesi e di Enoch, né è in accordo con il pensiero dei primi cristiani. Secondo l’interpretazione di Enoch, infatti, i “figli di Dio” sarebbero gli angeli, non gli uomini.
In questa sezione dello scritto vengono nominati anche altri misteriosi essere, i Giganti (citati pure nella Genesi prima del diluvio). Secondo Enoch costoro sarebbero la prima discendenza degli angeli caduti, ovvero i figli di questi nati dall’unione con le donne della terra, il risultato della contaminazione innaturale degli uomini con gli angeli. Preannunciati anche nella Genesi, i Giganti sono creature ibride, chiamate anche “Nefilim”, a metà strada tra gli angeli immortali e gli uomini mortali. I Giganti, appena generati, iniziarono a rivoltarsi contro il creato, contro la natura e contro gli altri uomini, cosicché Dio decise di eliminarli – assieme al resto dell’umanità corrotta dagli insegnamenti degli angeli caduti (con la sola eccezione della discendenza di Noè) – per mezzo del diluvio universale. Spiriti malvagi ed immondi uscirono dai corpi dei Giganti al momento del loro decesso, ai quali - non potendo riposare né in Cielo tra gli angeli né nello Sheol assieme agli spiriti degli uomini - fu concesso di continuare ad esistere sulla terra fino al giudizio finale, quando verranno annientati e definitivamente gettati in un abisso di fiamme (l’inferno) assieme agli altri peccatori [3].
Il Libro di Enoch è, ancora oggi, un testo religioso canonico per i Copti (gli etiopi precursori degli Egizi). Enoch, inoltre, è riconosciuto biblicamente come il settimo patriarca.
Perché allora è stato escluso sia dalla Bibbia ebraica, ma soprattutto è stato dichiarato apocrifo e “pericoloso” dal Concilio di Trento?
Nell’Enoch I sono state individuate sei peculiarità che difficilmente si inseriscono e spiegano nella tradizione riconosciuta da entrambe le religioni: a) racconta con ricchezza di particolari la caduta degli angeli ribelli; b) allude ad Enoch come al figlio prediletto del "Signore" (non Dio); c) risale ad un’epoca antica nella quale non c'era ancora il concetto di "anima"; d) riporta, dettagliatamente, di eventi catastrofici prediluviani (oltre 10.000 anni); e) racconta, minuziosamente, di guerre “spaziali”; f) tutti i resoconti sono dovuti al fatto che Enoch venne rapito ed informato direttamente sui segreti della creazione dagli angeli e dallo stesso “Signore dei Signori”.
Per i teologi ebrei e cristiani fu molto più semplice risolvere gli innumerevoli problemi che il testo creava eliminandolo dai canoni accettati.
L’unità più "scandalosa" riguarda soprattutto la prima parte, proprio il "Libro dei Vigilanti", non tanto per alcune contraddizioni (solo apparenti, ad un’analisi approfondita) tematiche relative alla caduta degli angeli, ma molto probabilmente proprio per quella terminologia così dibattuta, “figli di Dio”. In ottica cristiana il Figlio di Dio è soltanto Cristo, mentre in ottica ebraica egli è la prefigurazione del Messia d'Israele che verrà; invece, nel "Libro dei Vigilanti", "figli di Dio" sono le creature angeliche cadute, in netta contrapposizione con le donne terrestri, sempre definite "figlie dell'uomo".
Un altro problema sorge dalle visioni narrate nei primi capitoli: si posso considerare soltanto come invenzioni letterarie? E’ assai probabile che questo "Libro di Enoch" si ispirasse a leggende orali o comunque scritti o narrazioni precedenti, cosa evidente soprattutto laddove ritorna lo stesso mitologema ricorrente anche in diverse culture tra loro distanti. In Enoch I vi sono una miriade di esempi a tal proposito: i racconti di un diluvio universale, le analogie tra Azazel e il Prometeo del mondo greco-romano, per esempio. Le affinità più interessanti riguardano, però, proprio i “figli di Dio”: antiche leggende sumere parlano di dèi che discendono dalle stelle e inseminano creature terrestri, dando vita ai primi uomini; i nativi di Melekula, nelle Nuove Ebridi ritengono che la prima razza umana discendesse da alcuni "figli del cielo"; gli Inca si consideravano "figli del sole"; i Teutoni credevano che i loro antenati fossero i cosiddetti "Wanen", esseri volanti provenienti dal cielo; i Coreani pensavano che un re celeste "Hwanin" avesse mandato suo figlio "Hwanung" sulla terra per sposare una mortale e dar vita a "Tangun Wanggom", che per primo riunì le tribù disperse in un solo regno; l'antica tradizione Tango-Fudoki in Giappone riporta la storia del "Figlio dell'Isola", nato da un uomo terrestre e dalla sua sposa celeste; il "Mahabharata" e altri antichi scritti sanscriti in India parlano di dei che generano figli da donne terrestri e di questi figli che ereditano dai padre qualità soprannaturali; elementi mitologici similari si riscontrano anche nell'"Epopea di Gilgamesh", in cui leggiamo di "guardiani" divini che si accoppiano sulla Terra e generano giganti; infine, un antico mito persiano narra che, prima dell'arrivo di Zarathustra, alcuni demoni avevano corrotto il genere umano, alleandosi con le donne.
I punti di contatto sono numerosi, forse troppi per parlare di semplici coincidenze, tuttavia inoltrarsi nelle radici archetipiche di queste similitudini e la loro probabile discendenza da eventi reali oppure da una matrice mitica comune, esula dal fine di questa breve trattazione.
Dopo averne perse le tracce dal Medioevo (eccetto rare menzioni, ad esempio in Sincello e in Cedreno nel IX secolo) in poi, nel 1773 l’archeologo scozzese James Bruce ritrovò in Abissinia (a Qumran, nella grotta 4Q) la versione completa, tuttora l’unica esistente, di tutti i 108 capitoli del libro, scritta in ge’ez, un linguaggio etiopico (ragione per cui è anche detto “Enoch etiopico”). Nel 1821 Richard Laurence completò la prima traduzione in inglese.
Filologicamente, si presume che la versione originaria fosse in aramaico o in paleo ebraico, come dimostrano alcuni frammenti ritrovati nelle stesse grotte di Qumran; poi si ebbe la trasposizione in greco, dal quale deriverebbe a sua volta quella in ge’ez.
Il testo risulta fortemente composito, tanto che si contano almeno cinque stratificazioni e l’ordine cronologico di stesura delle varie sezioni non segue l’ordine dei Capitoli. La parte più antica dovrebbe essere il cosiddetto Libro Angelologico (o dei Vigilanti), seguito dalla “sezione astronomica”, o Libro dell’Astronomia, quindi dal Libro delle Visioni, dall’ Epistola di Enoch, infine dalle “Parabole (o similitudini) di Enoch”, sezione che riguarda più da vicino il cristianesimo.
La sezione angelologica, che sarebbe appunto l’unità più vetusta, è databile attorno al IV secolo a.C., il libro delle Visioni, invece, sarebbe stato composto attorno al 160 a.C.; molto antica è anche la sezione astronomica, della quale sono stati ritrovati vari frammenti a Qumran. Sulla questione della datazione delle diverse parti ci sono differenti posizioni tra gli studiosi, perfino molto diverse tra loro, complicata dal fatto, appunto, che vi sono passi che sono stati chiaramente soggetti ad interpolazioni o aggiunte successive rispetto alla stesura originaria.
Nei 108 capitoli i temi trattati sono notevolmente differenziati (cosa forse dovuta anche alle stratificazioni posteriori): descrizioni narrative, visioni apocalittiche e metafisiche, concetti astronomici e astrologici, parabole, viaggi nei cieli.
La struttura si suddivide come segue:
Capp. 1-5: parte introduttiva in cui Enoch riferisce una visione apocalittica relativa agli ultimi giorni;
Capp. 6-36: “Libro Angelologico o dei Vigilanti”;
Capp. 6-19: la storia degli angeli ribelli caduti sulla Terra;
Capp. 6-11: gli angeli ribelli sulla Terra, la loro unione con le donne, la nascita dei giganti;
Capp. 12-16: visione di Enoch riguardante la punizione degli angeli ribelli;
Capp. 17-19: visione dei tormenti degli angeli caduti;
Capp. 20-36: tormento in cui vengono tenuti gli angeli caduti, il regno dei morti, i segreti della natura nell’occidente e nell’oriente;
Capp. 37-71: “Libro delle Parabole”;
Cap. 37: Introduzione;
Capp. 38-44: prima parabola: il futuro regno di Dio, il riposo dei giusti, gli angeli e i segreti della natura;
Capp. 45-57: seconda parabola: il giudizio finale del “Messia”;
Capp. 58-69: terza parabola (con frammenti del Diluvio): descrizione della felicità eterna dei giusti e l’eterna sofferenza dei re e dei potenti;
Capp. 70-71: prima e seconda appendice: ascensione di Enoch nel paradiso e sua elezione a “Figlio dell’uomo” (anche secondo la Genesi Enoch venne rapito in Cielo da Dio);
Capp. 72-82: “Libro Astronomico”, ovvero libro di fisica celeste: varie teorie relative al sole, alla luna, alle stelle, alla suddivisione dell’anno solare, rivelate ad Enoch dall’angelo Uriel. Viene descritto un calendario solare basato sulla suddivisione dell’anno in trecentosessantaquattro giorni;
Capp. 83-90: “Libro delle Visioni o dei Sogni";
Capp. 83-84: la visione del Diluvio universale, ovvero il primo giudizio del mondo da parte di Dio;
Capp. 85-90: sezione chiamata “Apocalisse degli animali”;
Capp. 91-105: “Epistola di Enoch”;
Capp. 106-108: “Appendici” (parte finale da considerarsi autorevole e antica);
Cap. 106-107: miracoli e segni alla nascita di Noè;
Cap. 108: discorso finale di Enoch riguardante il destino dei cattivi e dei giusti.
Una delle sezioni che da sempre ha riscosso il maggior interesse è Libro Angelologico o dei Vigilanti, proprio quella più antica, il cui fine mira a definire l’origine del male nel mondo che ha condotto poi in seguito al diluvio universale, attribuendone la colpa agli angeli che Dio aveva messo a guardia del genere umano e che invece gli si sono ribellati.
Enoch cita, in particolare, i “figli di Dio”, che ad intesa di molti sarebbero gli angeli ribelli, discesi sulla terra atterrando su Ardis, sulla sommità del monte Hermon, con a capo l’angelo Semjaza (o Samyaza) [1]. Secondo Enoch, i Grigori assommano a duecento ("Questi sono i prefetti dei duecento angeli, e i restanti erano tutti con costoro" - Enoch7:9), benchè siano ricordati solo i nomi dei loro principali esponenti: Samyaza, che fu il loro capo, Urakabaramil, Akibeel, Tamiel, Ramuel, Dânêl, Chazaqiel (Ezekiel), Saraknyal, Asael, Armers, Batraal, Anane, Zavebe, Samsavil, Ertael, Turel, Yomyael, Azazyel (noto anche come Azazel). Uno dei motivi per i quali questi angeli vennero puniti è il fatto di essersi contaminati con le donne degli uomini; eppure la colpa più importante fu l’aver impartito insegnamenti all’umanità. Semjaza, il capo di tutti gli angeli ribelli, istruì infatti gli uomini nell’arte degli incantesimi e della malizia, Armaros spiegò il modo di risolvere gli incantesimi, Baraquijal insegnò l’astrologia, Kohabel lo studio degli astri e delle costellazioni, Azazel fece apprendere agli uomini l’arte di costruire strumenti bellici e alle donne l’arte della bellezza e della seduzione [2].
Sull’identità degli esseri descritti mediante il termine “figli di Dio” ci sono scontrate posizioni dissonanti sin dai primi secoli del cristianesimo. Secondo alcune fonti ebraiche i “figli di Dio” sarebbero i figli di nobili o di re (la discendenza di Set) che sposarono donne di rango inferiore. Questa spiegazione non sembra però coerente con il contesto del libro della Genesi e di Enoch, né è in accordo con il pensiero dei primi cristiani. Secondo l’interpretazione di Enoch, infatti, i “figli di Dio” sarebbero gli angeli, non gli uomini.
In questa sezione dello scritto vengono nominati anche altri misteriosi essere, i Giganti (citati pure nella Genesi prima del diluvio). Secondo Enoch costoro sarebbero la prima discendenza degli angeli caduti, ovvero i figli di questi nati dall’unione con le donne della terra, il risultato della contaminazione innaturale degli uomini con gli angeli. Preannunciati anche nella Genesi, i Giganti sono creature ibride, chiamate anche “Nefilim”, a metà strada tra gli angeli immortali e gli uomini mortali. I Giganti, appena generati, iniziarono a rivoltarsi contro il creato, contro la natura e contro gli altri uomini, cosicché Dio decise di eliminarli – assieme al resto dell’umanità corrotta dagli insegnamenti degli angeli caduti (con la sola eccezione della discendenza di Noè) – per mezzo del diluvio universale. Spiriti malvagi ed immondi uscirono dai corpi dei Giganti al momento del loro decesso, ai quali - non potendo riposare né in Cielo tra gli angeli né nello Sheol assieme agli spiriti degli uomini - fu concesso di continuare ad esistere sulla terra fino al giudizio finale, quando verranno annientati e definitivamente gettati in un abisso di fiamme (l’inferno) assieme agli altri peccatori [3].
Il Libro di Enoch è, ancora oggi, un testo religioso canonico per i Copti (gli etiopi precursori degli Egizi). Enoch, inoltre, è riconosciuto biblicamente come il settimo patriarca.
Perché allora è stato escluso sia dalla Bibbia ebraica, ma soprattutto è stato dichiarato apocrifo e “pericoloso” dal Concilio di Trento?
Nell’Enoch I sono state individuate sei peculiarità che difficilmente si inseriscono e spiegano nella tradizione riconosciuta da entrambe le religioni: a) racconta con ricchezza di particolari la caduta degli angeli ribelli; b) allude ad Enoch come al figlio prediletto del "Signore" (non Dio); c) risale ad un’epoca antica nella quale non c'era ancora il concetto di "anima"; d) riporta, dettagliatamente, di eventi catastrofici prediluviani (oltre 10.000 anni); e) racconta, minuziosamente, di guerre “spaziali”; f) tutti i resoconti sono dovuti al fatto che Enoch venne rapito ed informato direttamente sui segreti della creazione dagli angeli e dallo stesso “Signore dei Signori”.
Per i teologi ebrei e cristiani fu molto più semplice risolvere gli innumerevoli problemi che il testo creava eliminandolo dai canoni accettati.
L’unità più "scandalosa" riguarda soprattutto la prima parte, proprio il "Libro dei Vigilanti", non tanto per alcune contraddizioni (solo apparenti, ad un’analisi approfondita) tematiche relative alla caduta degli angeli, ma molto probabilmente proprio per quella terminologia così dibattuta, “figli di Dio”. In ottica cristiana il Figlio di Dio è soltanto Cristo, mentre in ottica ebraica egli è la prefigurazione del Messia d'Israele che verrà; invece, nel "Libro dei Vigilanti", "figli di Dio" sono le creature angeliche cadute, in netta contrapposizione con le donne terrestri, sempre definite "figlie dell'uomo".
Un altro problema sorge dalle visioni narrate nei primi capitoli: si posso considerare soltanto come invenzioni letterarie? E’ assai probabile che questo "Libro di Enoch" si ispirasse a leggende orali o comunque scritti o narrazioni precedenti, cosa evidente soprattutto laddove ritorna lo stesso mitologema ricorrente anche in diverse culture tra loro distanti. In Enoch I vi sono una miriade di esempi a tal proposito: i racconti di un diluvio universale, le analogie tra Azazel e il Prometeo del mondo greco-romano, per esempio. Le affinità più interessanti riguardano, però, proprio i “figli di Dio”: antiche leggende sumere parlano di dèi che discendono dalle stelle e inseminano creature terrestri, dando vita ai primi uomini; i nativi di Melekula, nelle Nuove Ebridi ritengono che la prima razza umana discendesse da alcuni "figli del cielo"; gli Inca si consideravano "figli del sole"; i Teutoni credevano che i loro antenati fossero i cosiddetti "Wanen", esseri volanti provenienti dal cielo; i Coreani pensavano che un re celeste "Hwanin" avesse mandato suo figlio "Hwanung" sulla terra per sposare una mortale e dar vita a "Tangun Wanggom", che per primo riunì le tribù disperse in un solo regno; l'antica tradizione Tango-Fudoki in Giappone riporta la storia del "Figlio dell'Isola", nato da un uomo terrestre e dalla sua sposa celeste; il "Mahabharata" e altri antichi scritti sanscriti in India parlano di dei che generano figli da donne terrestri e di questi figli che ereditano dai padre qualità soprannaturali; elementi mitologici similari si riscontrano anche nell'"Epopea di Gilgamesh", in cui leggiamo di "guardiani" divini che si accoppiano sulla Terra e generano giganti; infine, un antico mito persiano narra che, prima dell'arrivo di Zarathustra, alcuni demoni avevano corrotto il genere umano, alleandosi con le donne.
I punti di contatto sono numerosi, forse troppi per parlare di semplici coincidenze, tuttavia inoltrarsi nelle radici archetipiche di queste similitudini e la loro probabile discendenza da eventi reali oppure da una matrice mitica comune, esula dal fine di questa breve trattazione.
Secondo Libro di Enoch - Libro dei Segreti
Il secondo libro di Enoch - detto “Libro dei Segreti di Enoch” e noto anche come versione “slava” di Enoch, in quanto attestato da un manoscritto slavo rinvenuto in Serbia del VII secolo d.C, fu scritto originariamente in ebraico o in aramaico, in seguito dal testo greco venne ricavato quello in slavo. Esso è databile ad un’epoca posteriore a quella del primo libro di Enoch, circa tra il 50 e il 70 d.C. Gli studiosi sostengono che le numerose interpolazioni di matrice cristiana presenti in questo testo siano dovute ad un’influenza diretta degli scritti dei primi cristiani del I secolo.
Esso venne stato scoperto solo nel 1886 da Sokolov negli archivi della Biblioteca pubblica di Belgrado, il quale lo pubblicò per la prima volta nel 1899.
Il Libro di Enoch slavo era un testo studiato dai Bogomili e da questi venne portato ai loro affini catari e patarini della sud della Francia e nella Catalogna, dove, oltre ad alimentare la mistica di origine gnostica contribuì alla nascita dell’interpretazione cabalistica delle sacre scritture.
Quest’opera descrive un viaggio di Enoch attraverso i sette cieli, durante il quale egli riceve una serie di rivelazioni, in particolare gli viene descritta la creazione del mondo e gli sono svelati i segreti dell'avvenire. Il viaggio culmina con l'incontro con Dio e la trasformazione di Enoch nell'angelo Metatron.
Sostanzialmente esso può essere suddiviso in quattro sezioni:
* Nella prima parte (capitoli 1-21) Enoch, all'età di 365, è rapito da due angeli e fatto passare attraverso i sette cieli, uno ad uno. Il primo cielo è il luogo dove gli angeli controllano i fenomeni atmosferici; nel secondo cielo si trova il carcere per gli angeli ribelli; nel terzo vi è sia il paradiso che l'inferno degli uomini; il cielo quarto è il luogo dei movimenti del sole e della luna. Nel quinto cielo Enoch trova alcuni Grigori pentiti e li convince a riprendere il loro servizio liturgico; nel sesto cielo vi sono gli angeli incaricati di governare il cosmo e i popoli.
* Nella seconda parte (capitoli 22-37) a Enoch, ora guidato da Gabriele, è permesso di entrare nel settimo cielo, dove vede il Signore. Successivamente, consacrato da Michael, diventa simile agli angeli. Il Signore, allora, chiede l'angelo Vereviel di dettare a Enoch i 360 libri che contengono tutto ciò che è conoscibile; il Signore stesso narra ad Enoc i segreti della creazione fino al diluvio, con dettagli sconosciuti persino agli angeli. Quindi, Enoch è rimandato sulla terra per trenta giorni.
* La terza parte (capitoli 38-68) è una lista di istruzioni dottrinali ed etiche conferite da Enoch ai suoi figli: il principio morale principale è l'amore per tutti gli esseri viventi. Alla fine di trenta giorni Enoc viene portato in cielo per sempre.
* L'ultima sezione (a volte indicato come l'Esaltazione di Melchisedek) delinea la successione sacerdotale di Enoch. Successivamente viene narrata la nascita miracolosa di Melchisedek e il suo sacerdozio.
I capitoli 69-73 da alcuni studiosi sono considerati un’aggiunta o un’interpolazione non risalente all’originale. Le scoperte recenti di Melchisedek nei testi di Qumran e di un testo collegato a Nag Hammadi, hanno fatto sì che numero crescente di studiosi riconoscano l'antichità di Enoch II, e sostengano che il nucleo principale possa essere datato a prima del 70 d.C.
L'universo teologico di Enoch II è profondamente tipico della letteratura apocalittica ebraica del periodo del Secondo Tempio. Eppure, il testo apporta alcune differenze e novità, come ad esempio la nuova dimensione mistica. La figura di Enoch ritratta nelle varie sezioni appare più elaborata che in Enoch I. Interessante, a tal proposito, è l'unzione e consacrazione di Enoch, dopo aver visto faccia a faccia il Signore, che lo rende simile in apparenza a un angelo glorioso e che gli permette di sedersi sopra gli altri angeli sulla sinistra del Signore.
Il testo è improntato ad una complessa simbologia. Enoch, che visse 365 anni, scrisse la sua visione in 365 capitoli. Nella numerologia gnostica lo stesso numero è attribuito a Abraxas, una genialità che compare in gemme talismaniche dallo stesso nome. Probabilmente si tratta di un acrostico che allude a Kronos – Jaldabaoth.
Enoch è un uomo comune, che vive la vita comune degli uomini, ma all’improvviso una facoltà terribile gli si presenta, quella di vedere nella pianta il seme e poi il suo maturare, crescere, decadere, così come nel bambino vede già l’uomo ed il vecchio. Presente, passato e futuro sono per lui la stessa identità temporale o, meglio, atemporale. È la visione del profeta, del Naib ebraico, che è nel contempo un mistico ed un veggente. All’umanità, tesa a superare il dolore e l’angoscia del quotidiano nella speranza e nell’illusione di un futuro migliore, Enoch non concede alcuna speranza, la sua visione del futuro è pessimistica o forse semplicemente realistica. Le conseguenze stesse delle azioni dell’uomo sono in rapporto di causa-effetto, visto come un castigo divino. Questo castigo, tuttavia, non risolverà, catarticamente, il destino dell’uomo: è l’eterno problema del male, che Enoch dirime attraverso il superamento del dualismo che incatena l’universo, nella risalita verso quell’uno che tutto dissolve e conclude in sé.
Secondo alcuni critici, Enoch II è rappresenta un ponte di transizione tra la prima tradizione apocalittica e la successiva caratterizzata da maggiore misticismo e simbolismo, in particolare dell’ebraismo cabalistico legato alla Merkabah.
Esso venne stato scoperto solo nel 1886 da Sokolov negli archivi della Biblioteca pubblica di Belgrado, il quale lo pubblicò per la prima volta nel 1899.
Il Libro di Enoch slavo era un testo studiato dai Bogomili e da questi venne portato ai loro affini catari e patarini della sud della Francia e nella Catalogna, dove, oltre ad alimentare la mistica di origine gnostica contribuì alla nascita dell’interpretazione cabalistica delle sacre scritture.
Quest’opera descrive un viaggio di Enoch attraverso i sette cieli, durante il quale egli riceve una serie di rivelazioni, in particolare gli viene descritta la creazione del mondo e gli sono svelati i segreti dell'avvenire. Il viaggio culmina con l'incontro con Dio e la trasformazione di Enoch nell'angelo Metatron.
Sostanzialmente esso può essere suddiviso in quattro sezioni:
* Nella prima parte (capitoli 1-21) Enoch, all'età di 365, è rapito da due angeli e fatto passare attraverso i sette cieli, uno ad uno. Il primo cielo è il luogo dove gli angeli controllano i fenomeni atmosferici; nel secondo cielo si trova il carcere per gli angeli ribelli; nel terzo vi è sia il paradiso che l'inferno degli uomini; il cielo quarto è il luogo dei movimenti del sole e della luna. Nel quinto cielo Enoch trova alcuni Grigori pentiti e li convince a riprendere il loro servizio liturgico; nel sesto cielo vi sono gli angeli incaricati di governare il cosmo e i popoli.
* Nella seconda parte (capitoli 22-37) a Enoch, ora guidato da Gabriele, è permesso di entrare nel settimo cielo, dove vede il Signore. Successivamente, consacrato da Michael, diventa simile agli angeli. Il Signore, allora, chiede l'angelo Vereviel di dettare a Enoch i 360 libri che contengono tutto ciò che è conoscibile; il Signore stesso narra ad Enoc i segreti della creazione fino al diluvio, con dettagli sconosciuti persino agli angeli. Quindi, Enoch è rimandato sulla terra per trenta giorni.
* La terza parte (capitoli 38-68) è una lista di istruzioni dottrinali ed etiche conferite da Enoch ai suoi figli: il principio morale principale è l'amore per tutti gli esseri viventi. Alla fine di trenta giorni Enoc viene portato in cielo per sempre.
* L'ultima sezione (a volte indicato come l'Esaltazione di Melchisedek) delinea la successione sacerdotale di Enoch. Successivamente viene narrata la nascita miracolosa di Melchisedek e il suo sacerdozio.
I capitoli 69-73 da alcuni studiosi sono considerati un’aggiunta o un’interpolazione non risalente all’originale. Le scoperte recenti di Melchisedek nei testi di Qumran e di un testo collegato a Nag Hammadi, hanno fatto sì che numero crescente di studiosi riconoscano l'antichità di Enoch II, e sostengano che il nucleo principale possa essere datato a prima del 70 d.C.
L'universo teologico di Enoch II è profondamente tipico della letteratura apocalittica ebraica del periodo del Secondo Tempio. Eppure, il testo apporta alcune differenze e novità, come ad esempio la nuova dimensione mistica. La figura di Enoch ritratta nelle varie sezioni appare più elaborata che in Enoch I. Interessante, a tal proposito, è l'unzione e consacrazione di Enoch, dopo aver visto faccia a faccia il Signore, che lo rende simile in apparenza a un angelo glorioso e che gli permette di sedersi sopra gli altri angeli sulla sinistra del Signore.
Il testo è improntato ad una complessa simbologia. Enoch, che visse 365 anni, scrisse la sua visione in 365 capitoli. Nella numerologia gnostica lo stesso numero è attribuito a Abraxas, una genialità che compare in gemme talismaniche dallo stesso nome. Probabilmente si tratta di un acrostico che allude a Kronos – Jaldabaoth.
Enoch è un uomo comune, che vive la vita comune degli uomini, ma all’improvviso una facoltà terribile gli si presenta, quella di vedere nella pianta il seme e poi il suo maturare, crescere, decadere, così come nel bambino vede già l’uomo ed il vecchio. Presente, passato e futuro sono per lui la stessa identità temporale o, meglio, atemporale. È la visione del profeta, del Naib ebraico, che è nel contempo un mistico ed un veggente. All’umanità, tesa a superare il dolore e l’angoscia del quotidiano nella speranza e nell’illusione di un futuro migliore, Enoch non concede alcuna speranza, la sua visione del futuro è pessimistica o forse semplicemente realistica. Le conseguenze stesse delle azioni dell’uomo sono in rapporto di causa-effetto, visto come un castigo divino. Questo castigo, tuttavia, non risolverà, catarticamente, il destino dell’uomo: è l’eterno problema del male, che Enoch dirime attraverso il superamento del dualismo che incatena l’universo, nella risalita verso quell’uno che tutto dissolve e conclude in sé.
Secondo alcuni critici, Enoch II è rappresenta un ponte di transizione tra la prima tradizione apocalittica e la successiva caratterizzata da maggiore misticismo e simbolismo, in particolare dell’ebraismo cabalistico legato alla Merkabah.
Terzo Libro di Enoch - Apocalisse di Enoch
Il terzo libro di Enoch, di origine giudaica, è anche detto “Apocalisse di Enoch”. Fu probabilmente composto in ebraico dal Rabbino Ishmael, nel II-III secolo d.C. La redazione definitiva risale al V-VI secolo d.C., forse sul nucleo precedente.
Contiene 4 sezioni:
1. ascensione di rabbi Ismael ben Elisha;
2. Ismael incontra Enoch-Metatron;
3. descrizione degli angeli;
4. descrizione del paradiso.
Gli Arcangeli in Ebraico sono chiamati Irin, "Guardiani"; nella tradizione derivante essi sono detti anche “Grigori (dal Greco "oi gregoroi", οι Γγρήγοροι, "custodi" o "guardiani").
I primi movimenti mistici ebraici organizzarono i Guardiani in una gerarchia di Arcangeli, in base alla quale essi erano governati da quattro grandi Guardiani, noti col nome di Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele. Nell'Antico Testamento (Daniele 4:13-17) ci si riferisce a loro appunto col termine di Irin, facendo pensare a un preciso ordine angelico. Nelle prime tradizioni ebraiche, gli Irin erano un ordine superiore di angeli assisi nel supremo Consiglio del Giudizio della Corte Celeste. In Enoch I e nel Libro dei Giubilei, i Guardiani scesero sulla Terra per insegnare al genere umano.
Celebri divennero i Grigori nella tradizione magica.
Le più comuni associazioni che si trovano in vari testi medievali di magia trattano i Guardiani al modo seguente: Chazaqiel', ma anche Êzêqêêl, fu l'ottavo Guardiano dei 20 capi dei 200 angeli caduti ricordati in Enoch I; il nome significa "nuvola di Dio", per il fatto che si dice che Chazaqiel avesse trasmesso agli uomini la conoscenza delle nuvole, cioè la meteorologia.
In alcuni sistemi di credenze relative alla stregoneria, i Grigori sono posti a custodia dei portali che uniscono tra loro i mondi. Essi sono spesso associati anche ai quattro punti cardinali e anche ai solstizi ed agli equinozi, così come a singole e specifiche stelle del firmamento.
Nei primi culti delle stelle dell'antica Mesopotamia, circa 3.000 anni fa, esistevano infatti quattro stelle "reali" (note come Signori) chiamate i Guardiani. Ognuna di esse governava su uno dei quattro punti cardinali noti all'astrologia di ogni tempo. La stella di Aldebaran, quando segnava il suo passaggio nell’equinozio d'inverno assumeva la posizione del Guardiano dell'Oriente. Regolo, durante il solstizio d'estate, assumeva il ruolo di Guardiano del Meridione, così come Antares, nell'equinozio d'autunno, quello del Guardiano dell'Occidente, e infine Fomalhaut, durante il solstizio.
1. Araqiel: insegnò i "segni della terra" (geomanzia).
2. Armaros: insegnò come respingere gli incantesimi.
3. Azazel: insegnò l'arte dei cosmetici.
4. Barqel: insegnò l'astrologia.
5. Ezequeel: trasmise la conoscenza delle nuvole.
6. Gadreel: insegnò come fabbricare armi da guerra.
7. Kokabeel: insegnò il mistero delle stelle.
8. Penemue: insegnò la scrittura.
9. Sarie: insegnò a conoscere la Luna.
10. Semjaza: insegnò incantesimi tramite erbe.
11. Shamshiel: insegnò a conoscere il Sole.
Le tesi gnosticheggianti del Libro di Enoch riemersero nella metafisica del XVIII secolo. È noto come l’enciclopedico mago rinascimentale John Dee nelle sue evocazioni angeliche usasse l’alfabeto enochiano per comunicare con l’Angelo della finestra d’Occidente. Nell’islamismo, Enoch è conosciuto con il nome di Idris, entità eterna che, come avatar, dovrà rivelarsi alla fine dei tempi.
Contiene 4 sezioni:
1. ascensione di rabbi Ismael ben Elisha;
2. Ismael incontra Enoch-Metatron;
3. descrizione degli angeli;
4. descrizione del paradiso.
Gli Arcangeli in Ebraico sono chiamati Irin, "Guardiani"; nella tradizione derivante essi sono detti anche “Grigori (dal Greco "oi gregoroi", οι Γγρήγοροι, "custodi" o "guardiani").
I primi movimenti mistici ebraici organizzarono i Guardiani in una gerarchia di Arcangeli, in base alla quale essi erano governati da quattro grandi Guardiani, noti col nome di Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele. Nell'Antico Testamento (Daniele 4:13-17) ci si riferisce a loro appunto col termine di Irin, facendo pensare a un preciso ordine angelico. Nelle prime tradizioni ebraiche, gli Irin erano un ordine superiore di angeli assisi nel supremo Consiglio del Giudizio della Corte Celeste. In Enoch I e nel Libro dei Giubilei, i Guardiani scesero sulla Terra per insegnare al genere umano.
Celebri divennero i Grigori nella tradizione magica.
Le più comuni associazioni che si trovano in vari testi medievali di magia trattano i Guardiani al modo seguente: Chazaqiel', ma anche Êzêqêêl, fu l'ottavo Guardiano dei 20 capi dei 200 angeli caduti ricordati in Enoch I; il nome significa "nuvola di Dio", per il fatto che si dice che Chazaqiel avesse trasmesso agli uomini la conoscenza delle nuvole, cioè la meteorologia.
In alcuni sistemi di credenze relative alla stregoneria, i Grigori sono posti a custodia dei portali che uniscono tra loro i mondi. Essi sono spesso associati anche ai quattro punti cardinali e anche ai solstizi ed agli equinozi, così come a singole e specifiche stelle del firmamento.
Nei primi culti delle stelle dell'antica Mesopotamia, circa 3.000 anni fa, esistevano infatti quattro stelle "reali" (note come Signori) chiamate i Guardiani. Ognuna di esse governava su uno dei quattro punti cardinali noti all'astrologia di ogni tempo. La stella di Aldebaran, quando segnava il suo passaggio nell’equinozio d'inverno assumeva la posizione del Guardiano dell'Oriente. Regolo, durante il solstizio d'estate, assumeva il ruolo di Guardiano del Meridione, così come Antares, nell'equinozio d'autunno, quello del Guardiano dell'Occidente, e infine Fomalhaut, durante il solstizio.
1. Araqiel: insegnò i "segni della terra" (geomanzia).
2. Armaros: insegnò come respingere gli incantesimi.
3. Azazel: insegnò l'arte dei cosmetici.
4. Barqel: insegnò l'astrologia.
5. Ezequeel: trasmise la conoscenza delle nuvole.
6. Gadreel: insegnò come fabbricare armi da guerra.
7. Kokabeel: insegnò il mistero delle stelle.
8. Penemue: insegnò la scrittura.
9. Sarie: insegnò a conoscere la Luna.
10. Semjaza: insegnò incantesimi tramite erbe.
11. Shamshiel: insegnò a conoscere il Sole.
Le tesi gnosticheggianti del Libro di Enoch riemersero nella metafisica del XVIII secolo. È noto come l’enciclopedico mago rinascimentale John Dee nelle sue evocazioni angeliche usasse l’alfabeto enochiano per comunicare con l’Angelo della finestra d’Occidente. Nell’islamismo, Enoch è conosciuto con il nome di Idris, entità eterna che, come avatar, dovrà rivelarsi alla fine dei tempi.
Il Manoscritto di Algeri
Da una particolare cabala islamica ebraizzante deriva il cosiddetto “Manoscritto di Algeri” o “Libro Verde”, che formò la base di un’importante gruppo esoterico-massonico del settecento francese. Un portoghese, discendente di Sebastien de Las Casas, Joachin del La Tour du Pin del Las Casa Martines de Pasqually, maestro di teurgia, fondò infatti l’Ordre des Elues Cohen, che arrivò a contare in Francia ed in altri stati europei oltre duemila adepti. Fra le operatività invocative ed invocative particolare risalto veniva dato all’angelologia; nel “Trattato della reintegrazione degli esseri”, una complessa cosmogonia ed una particolare interpretazione della Sacra Scrittura, un capitolo di particolare importanza viene intitolato proprio ad Enoch.
Poco più di sessant’anni dopo, Eliphas Levi Zahed, pseudonimo dell’Abbé Louis Costant, riconia il nome “eggregori” nella sua vasta opera di divulgazione esoterica, citandone la fonte enochiana. Lo stesso termine è usato da René Guènon, con un significato più sublimato e rarefatto, in particolare nella sua trattazione della teurgia.